Ciao,
sono Alessia Bisini, redattrice e ufficio stampa freelance.
Questa è “Let’s Go Girls!”, la mia newsletter bimensile su musica, giornalismo, podcast, femminismo e dintorni.
In questo numero troverete:
Le recensioni dei nuovi progetti di tante artiste molto diverse tra di loro: dalla cantautrice napoletana DADA’ alla promessa dell’R&B britannico Mahalia, passando per il fenomeno k-pop delle NewJeans.
La classica lista di singoli del momento da recuperare e la consuetudinaria playlist ufficiale della newsletter, che aggiorno una volta alla settimana con tutte le novità che mi hanno colpito particolarmente, le canzoni con cui sono in fissa e altrettante chicche.
Una nuova tornata di podcast e newsletter che vi terranno compagnia durante l’estate.
Il contributo della etnomusicologa, SEO news specialist e digital editor
Samantha Colombo, autrice della newsletter “Dispacci” e della “Scrivania dell’editor digitale”.
DISCHI
DADA’ - “Mammarella”
Si può attingere alla tradizione napoletana ed essere al contempo attuali?
DADA’ centra il segno con “MAMMARELLA”, il risultato dell’intreccio tra la sua vita intima e artistica, dando modo agli spettatori di scoprire i lati più nascosti della sua personalità artistica, del suo carattere, della sua musica e sopratuttutto della sua amatissima Napoli, diventando quasi la Cicerone di un viaggio all'interno di numerose storie.
L’EP scorre quasi come se fosse un film, la cui ambientazione è la casa di un rione popolare in cui si susseguono vicende, persone, luoghi e sensazioni.
Curando in prima persona la direzione artistica dell’EP, toccando tutti gli ambiti a lei cari: dalla moda alla fotografia, dalla letteratura alla musica. DADA’ ci porta dentro il suo mondo colorato ed elegante, appassionato e istrionico come solo lei sa essere.
La colonna portante del disco risiede nella sua dualità, che DADA' estremizza e sgretola per rendere tutto plurale, ambiguo, ricco, diverso, fluido.
Il dualismo in realtà non ha a niente a che vedere con gli opposti, bensì con le sfumature e le dicotomie attratte dalla necessità di essere una collettività, un pluralismo. Mi sembra la colonna sonora perfetta per accompagnare l’estate italiana.
Mahalia - “IRL”
“They say it takes 10 years to make a girl get bigger / Then another 10 to secure your position,” dichiara Mahalia nella title track del suo secondo album in studio “IRL”.
E lo sa bene la giovane promessa dell’R&B britannico, che per il suo secondo album - di norma quello della consacrazione - ha schierato una squadra di autori, producer e collaboratori di livello. Dalla cantautrice RAYE, con cui ha co-scritto e co-prodotto l’intero progetto, al rapper Stormzy (“November”), passando per Joyce Wrice (“In My Head”, una delle tracce più immediate del disco), DESTIN CONRAD (“It’s Not Me, It’s You”) e la cantautrice statunitense Jojo (“Cheat”).
La cantante R&B britannica mette a nudo il suo vero io in una raccolta emotiva, sicura e retrospettiva di successi neo-soul di altissimo livello. Se “IRL” è satinato e consistente nella sua esecuzione, dal punto di vista sonoro e lirico forse l’artista londinese avrebbe potuto sperimentare molto di più, senza ancorarsi necessariamente al passato e alle sue glorie. Aaliyah, Corinne Bailey Rae e Mya, per citarne alcune.
Mentre Mahalia lotta affinchè il rhythm and blues venga considerato sulla stessa stregua del pop in patria, in Italia fa estrema fatica a trovare una collocazione nei palinsesti radiofonici o nelle playlist dei servizi di streaming. Si può dire che sia sempre stato considerato la pecora nera della musica e lo dico con grande dispiacere, essendo uno dei miei generi preferiti da sempre.
Non siete fan dell’R&B e volete ascoltare un buon disco? Con “IRL” andate sul sicuro. Anzi, potrebbe farvi innamorare. Poi fatemi sapete se “Terms and Conditions” è in riproduzione perenne sul vostro telefono. Io mi sento un po’ come Homer, che vedete qui sotto.
NewJeans - “NewJeans 2nd EP ‘Get Up’”
“Get Up” è diventato senza dubbio uno dei progetti più attesi dell'estate. Questo perchè l’EP viene rilasciato in un momento partiolarmente importante della carriera di Minji, Hanni, Danielle, Haerin e Hyein. Ad agosto, le NewJeans diventeranno il primo gruppo K-pop femminile a esibirsi nella cornice del Festival Lollapalooza di Chicago, dove senza dubbio proporranno anche le ultime uscite nel loro catalogo.
Salite alla ribalta come la prima girlband ad essere stata lanciata da ADOR, l'etichetta indipendente di HYBE guidata dall’art director e imprenditrice sudcoreana Min Hee-Jin, le NewJeans si sono imposte sulla scena globale fin dall’uscita del loro EP di debutto omonimo.
In questo EP il dance-pop clubbesco ha la meglio, ma si accompagna con delle bellissime incursioni di UK garage (“New Jeans”, “Cool With You”), mix accurati tra il bubblegum pop anni ‘00 (“ASAP”) e il drum’n’bass (“Super Shy”), sintetizzatori a manetta che si fondono con beat funky (“ETA”) e una title-track (“Get Up”) condita di R&B. Non si fanno mancare niente e attingono a tutte quelle influenze statunitensi un po’ piacione: dal riferimento alla hit del 2001 “So Fresh, So Clean” del duo Outkast al beat rubato a “Samir’s Theme” di Debornair Samir, uno dei massimi esponenti del genere Baltimore Club.
Non ho mai apprezzato particolarmente il k-pop. Ho provato ad ascoltarlo con attenzione per capire cosa si celasse dietro questo fenomeno senza precedenti e sul quale andrebbe aperto un serio dibattito in merito alle condizioni psico-fisiche di chi è attivamente parte di questo microcosmo. Tutto è fabbricato a regola d’arte, come se gli artisti dell’industria sudcoreana fossero delle Barbie (o dei Ken) confezionati su misura e pronti per essere venduti ad un pubblico che si innamorerà di loro, arrivando persino a venerarli. Le NewJeans, ma come loro le Red Velvet, le BLACKPINK e altrettante girlband nate su questa scia, non possono esentarsi all’appello.
Vi invito a leggere un articolo al riguardo, a cura di Brandon Valeriano e Aleydis Nissen, pubblicato sul quotidiano asiatico The Diplomat. Intanto, premete play per farvi un’idea di quanto tutto sia piacevole alle nostre orecchie, ma tremendamente costruito ad hoc.
SINGOLI
Come sempre, vi invito a seguire la playlist ufficiale della newsletter su Spotify, che viene aggiornata con cadenza settimanale. Avete un consiglio d’ascolto? Un’artista emergente che merita uno spazio virtuale per i suoi progetti? Una voce che deve assolutamente ascoltata? Non esitate a scrivermi su Substack o sui miei canali social.
Cassyette - “Mayhem”
Bishop Briggs - “Baggage”
nudda - “TUTTALANOTTE”
NewJeans - “Cool With You”
Ice Spice - “Deli”
fluente - “cose porno”
Holly Humberstone - “Antichrist”
The Beaches - “Me & Me”
Feliciana - “Never Need You”
Matilda Lyn - “Wait for Me”
Poppy - “Knockoff”
Valentina Tioli - “GIN MARE”
Grace Cambria - “Sasha”
Maya Randle - “let you go”
PODCAST
“FEM TALK - un altro genere di storie” è il podcast di FEM (Ex Al femminile) curato da Karen Ricci, per la produzione di One podcast: episodi settimanali in compagnia di ospiti sempre differenti che mettono a tema relazioni, genitorialità, carriera, ideali di bellezza e ambizioni personali da una prospettiva femminile e femminista.
Segnalo in particolare la puntata "Sono io o è la sindrome dell'impostore", in cui Karen dialoga con Florencia di Stefano-Abichain, speaker, conduttrice radiofonico- televisiva e autrice del libro “Pensavo fossi io invece è la Sindrome dell’impostore”, ma anche “Più amore e meno romanticismo” con la giornalista e divulgatrice Marta Perego e la psicologa Valeria Locati.
Nato dall’intuizione della conduttrice radiofonica di Indie88 Sarah Burke, “Women in Media” si propone di esaminare la forza delle donne nei media, dall'industria musicale all'intrattenimento, passando per le trasmissioni, lo sport, la poltiica e a tutto il resto. La sua conduttrice esplora le sfide collettive che le donne devono affrontare in un settore dominato dagli uomini. Mi piace scoprire anche il punto di vista dell’estero in termini di questioni di genere, parità, opportunità e gli spunti che nascono dai confronti che si ascoltano in queste tipologie di podcast non mi delude mai, perciò vi invito caldamente a recuperarlo.
“A Day in a Female Life” è uno spazio sicuro in cui poter condividere le proprie esperienze di molestie. Un podcast bilingue, che combina testimonianze coraggiose (tanto nazionali quanto internazionali) ed è stato ideato da Angelica Pirro e Silvia Protino, due amiche tra Italia ed Irlanda che vogliono creare consapevolezza e sensibilizzare ulteriormente su un tema tristemente attuale.
CLUB DELLE NEWSLETTER
“Senza rossetto” di Giulia Cuter e Giulia Perona.
Un progetto editoriale che racconta le donne di ieri, oggi e domani, oltre ogni convenzione e stereotipo che la società attribuisce all’universo femminile.
Nato da un’idea di Giulia Cuter (adetta marketing e comunicazione per Centro Libri Srl) e Giulia Perona (giornalista per Oggi ed ex firma di Vanity Fair) il 2 giugno 2016 per festeggiare il settantesimo anniversario del primo voto politico delle donne italiane durante il referendum del 1946, che chiedeva ai cittadini di scegliere tra Monarchia e Repubblica, oggi è anche un podcast composto da tre stagioni e alcune puntate speciali e un libro, edito da HarperCollins Italia che si intitola “Le ragazze stanno bene”. La newsletter esce ogni due settimane, di venerdì.
“Orecchiabile Podcast Newsletter” di Chiara Sagramola.
”Orecchiabile” è una newsletter che suggerisce podcast e contenuti audio. Esce una volta ogni due settimane, il giovedì. La sua autrice è Chiara Sagramola, Head of Podcast Ads Operations per Spreaker, in collaborazione e co-gestione con Giacomo Bagni. Oltre a scrivere recensioni e articoli, organizza eventi legati al mondo dell’audio, fa consulenze, collabora con diversi magazine e racconta le migliori penne di Internet.“Le Ragazze stanno bene” di Nicoletta Labarile.
La newsletter sui femminismi no budget - e dunque gratuita - che arriva (tendenzialmente) di sabato per movimentare il nostro risveglio lento con notizie, idee, riflessioni critiche e culturali, disagi esistenziali ma anche cure, poesie e svolte per il weekend. La sua penna è Nicoletta Labarile, giornalista, digital project manager per Cultur-e e content manager con la passione per la radio, le questioni di genere e la politica. Scrive di parità di genere e empowerment femminile per The Wom di Mondadori Media. È contributor per Alley Oop, il blog del Sole 24 Ore dedicato ai temi diversity e inclusion.
“Se fossi stata meno testarda, meno determinata, meno privilegiata, anche meno sveglia, cosa avrei fatto? E se lo fossi stata di più, dove sarei ora? Quante schegge dei soffitti di cristallo infranti insieme alle mie colleghe hanno influito sulla vita professionale e, di riflesso, sulla privata? Quante volte ho taciuto? Quante volte mi sono chiesta se fossi in grado di realizzare un progetto, per poi vedermi sorpassata a destra da chi aveva un terzo della mia esperienza? E soprattutto, la domanda universale: perché ci mettiamo costantemente in dubbio quando dovremmo solo splendere nella nostra unicità?”
Samantha Colombo, etnomusicologa, SEO News specialist e digital editor
Talvolta risuonano nella mia testa alcune parole ascoltate tempo fa, e che nella mente di chi le ha pronunciate intendevano essere un complimento, una lode allo spirito di adattamento, alla remissività della sottoscritta.
Tendo ad ascoltare molto le ragioni altrui, sebbene sia piuttosto raro mi lasci influenzare: di solito ci riescono le persone di cui ho grande stima, i miei fari nella notte. Ecco, non è questo il caso.
Ho ascoltato le parole in questione osservando il sorriso soddisfatto di chi mi stava di fronte, quella soddisfazione che deflagra quando il potere è confermato.
Erano in apparenza innocue, pronunciate in un contesto professionale con tono fiero e un retrogusto di approvazione: «Sai, a volte avere una personalità può essere un problema».
Mi stava facendo notare che il mio silenzio, il mio essermi messa da parte, era apprezzato. Da lui.
Ciò che mi ha fatto più riflettere è stato che l’autore dell'osservazione, in una platea di svariate personalità molto più vivaci e ingombranti della mia, aveva deciso di puntare i riflettori sulla sottoscritta, senza trascurare alcuni giudizi che riguardavano la sfera più intima, quella familiare ed extra-lavorativa.
Ed ecco poi aggiungersi il doppio standard, con uomini vicini a me elogiati per il loro spirito intraprendente (che sfociava nell’arroganza, aggiungo io) e per la loro ironia (“battute da spogliatoio” è il termine tecnico, sempre una nota mia).
Perché a noi donne è chiesto questo. Lo osservo tra amiche, colleghe e conoscenti che vivono vite diverse e hanno diverse prospettive: in una scala da zero a Wonder Woman, dobbiamo essere ultraterrene, valutate in ogni minimo aspetto della nostra personalità, consce che l’autorevolezza sarà tacciata di aggressività e, all’opposto, la comprensione di debolezza. Qualsiasi passo compiamo, è giudicato senza mezzi termini e, quando va meglio, sminuito.
Nel corso di una vita in cui sono stata piuttosto fortunata, mi sono piombate addosso svariate considerazioni: c’era chi, all'inizio della mia carriera di giornalista musicale, sosteneva che «Le donne non sanno scrivere di musica» (giuro, e non sono così vecchia da essere nata ai tempi della messa al bando della rock’n’roll), che sei troppo giovane, troppo bassa, troppo carina, poco carina, che «Hai un aspetto curato, ma decisamente non bello» (una frase sbirciata tra gli appunti del colloquio per una posizione da receptionist durante gli anni universitari, lavoro peraltro ottenuto).
A livello professionale ho sempre avuto la fortuna di fare ciò che amo, in ogni ambito, dalla musica alla scrittura. Tuttavia mi sono chiesta spesso: se fossi stata meno testarda, meno determinata, meno privilegiata, anche meno sveglia, cosa avrei fatto? E se lo fossi stata di più, dove sarei ora? Quante schegge dei soffitti di cristallo infranti insieme alle mie colleghe hanno influito sulla vita professionale e, di riflesso, sulla privata? Quante volte ho taciuto? Quante volte mi sono chiesta se fossi in grado di realizzare un progetto, per poi vedermi sorpassata a destra da chi aveva un terzo della mia esperienza? E soprattutto, la domanda universale: perché ci mettiamo costantemente in dubbio quando dovremmo solo splendere nella nostra unicità?
Per fortuna ci sono altre parole che ronzano nella mia testa, come «È necessario essere solidali», donne e uomini, senza distinzione di età, classe sociale, provenienza, orientamento sessuale, senza distinzione di niente, proprio come scrive bell hooks. È necessario essere solidali perché se lasciamo sbiadire anche un minimo bagliore che potrebbe nascere da ciascuno di noi, il mondo sarebbe un posto tremendo. Da soli non siamo niente, insieme, per parafrasare Patti Smith, abbiamo il potere di cambiare la rivoluzione terrestre. E di scegliere meglio le parole che pronunciamo.
Samantha Colombo è etnomusicologa di formazione, digital editor ed entusiasta delle parole per professione. Scrive, su carta e (soprattutto) online di musica, libri e arte contemporanea. Ha due newsletter: “Dispacci” e la “Scrivania dell’editor digitale".
Tributo a Sinéad
Ho scelto di ricordare la cantautrice irlandese con una meravigliosa poesia irlandese di provenienza sconosciuta, tradotta in inglese da Frank O’Connor e risalente al diciassettesimo secolo: “I Am Stretched On Your Grave”.
Racconta la storia di un uomo che non vuole lasciare la tomba della donna amata ed è semplicemente struggente nella sua bellezza.
Sinéad O'Connor dedicò il brano a sua madre, morta nel 1985.
Oggi sono io che mi sento di dedicarle questi versi. Mi sento di ricordare quanto sia stata un’anima incompresa, delicata e tormentata dalla vita stessa. Dal divorzio dei genitori allemolestie, fisiche e psicologiche, subite dalla madre fin da quando era una bambina. E poi la depressione, il bipolarismo e la perdita della custodia del figlio Shane, morto suicida a soli 17 anni.
Eppure andò sempre controcorrente. Si rasò i capelli a zero quando ai piani alti dell’industria musicale le dissero che avrebbe dovuto essere meno eclettica e più “femminile”. Prince le donò la sua “Nothing Compares 2 U”, contenuta nel disco del 1990 “I Do Not Want What I Haven’t Got”. Un vero trionfo internazionale, che raggiunse la vetta delle classifiche in tutto il mondo e la consacrò come una delle voci più evocative della sua generazione. Due anni più tardi, durante una puntata del popolarissimo Saturday Night Life, stracciò una foto di Papa Giovanni Paolo II durante la sua esibizione e lanciò con tutte le forza un grido d’allarme contro la pedofilia nella Chiesa.
O’Connor è stata molto di più di una musicista. Ha sostenuto i diritti delle donne, ha lottato per la pace in Irlanda del Nord, ha combattuto contro ogni forma di ingiustizia politica e sociale. La sua era in un certo senso musica per il sociale. Non parlava esclusivamente al singolo individuo, ma voleva smuovere l’animo umano, la coscienza, il pensiero critico.
”Sono cresciuta subendo traumi e abusi. Poi sono entrata nel music business. Non ho mai imparato a vivere una vita normale”, raccontava.
Che la terra ti sia lieve, Sinéad.
I am stretched on your grave
And I'll lie here forever
If your hands were in mine
I'd be sure they would not sever
My apple tree, my brightness
It's time we were together
For I smell of the earth
And am worn by the weather
When my family thinks
That I'm safely in my bed
From morn until night
I am stretched at your head
Calling out to the earth
With tears hot and wild
For the loss of the girl
That I loved as a child
Do you remember the night
Oh, the night we were lost
In the shade of the blackthorn
And the cold chill of frost
Oh, and thanks be to Jesus
We did all that was right
And your maiden head still
Is your pillar of light
The priests and the friars
They approach me in dread
Because I love you still
Oh, my love and you're dead
I still will be your shelter
Through rain and through storm
And with you in your cold grave
I cannot sleep warm
So I am stretched on your grave
And I'll lie here forever
If your hands were in mine
I'd be sure they would not sever
My apple tree, my brightness
It's time we were together
For I smell of the earth
And am worn by the weather
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Vi comunico che Let’s Go Girls! andrà in pausa fino ai primi di settembre per ricaricare le batterie e riempirmi di nuove idee/spunti per migliorare questa newsletter.
Nel frattempo, io vi ringrazio di cuore per il sostegno e il supporto che avete dimostrato nei confronti di questo progetto. Passo dopo passo stiamo crescendo e io non potrei esserne più felice.
Buon sabato e ci rivediamo a settembre,
Alessia